Tre letture della paura del contagio attraverso tre opere d’arte nel territorio di Tivoli e dintorni
La paura del contagio da Coronavirus Covid-19 è paragonabile a ciò che si è verificato più volte nella storia dell’uomo; infatti, da sempre l’arte e la letteratura hanno raccontato “il contagio” dal punto di vista fisico e morale. Dal “Decameron” di Giovanni Boccaccio, ai “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, passando per “La peste” di Albert Camus, il concetto di fobia dell’epidemia nelle sue varie accezioni ha sempre ricoperto un ruolo importante. La paura del contagio dei nostri giorni è, in realtà, l’espressione di paure umane che da sempre vanno ben oltre il dato fisico e scientifico, sconfinando in campo sociale e psicologico, oltre che simbolico. La pandemia, nell’arte e nella letteratura, è spesso stata la simbolica manifestazione di un’umanità in crisi. Ovviamente nessun paragone, storicamente e scientificamente, è possibile tra il Covid-19 di oggi e la peste di boccaccesca memoria. Permane, tuttavia, il senso dell’imminente apocalisse che ogni contagio trascina dietro con sé.
a cura di Ilaria Morini (docente dei corsi di Storia dell’arte)
Per intrattenerci in questa giornata, analizzeremo brevemente tre opere d’arte rintracciabili nel territorio di Tivoli e Subiaco: “Costantino e la Lebbra” negli affreschi di San Silvestro a Tivoli, “Il Trionfo della Morte” al Sacro Speco e la “Statua dell’Immacolata” presso il Duomo tiburtino di San Lorenzo, che racchiudono tre letture diverse della paura del contagio.
Per leggere l’articolo clicca qui.