LUIG plus • 19 marzo 2020

Avete mai sentito parlare delle Cesarine? Un tempo questo nome indicava le massaie romagnole, oggi le Cesarine sono cuoche esperte della cucina italiana tradizionale del territorio in cui vivono, distribuite su 90 città italiane. Cuoche per passione e non per professione, custodi delle ricette autentiche dei piatti tradizionali del territorio italiano. Le donne (ma in realtà ci sono anche tanti uomini), tra i 40 e i 70 anni, vengono selezionate da Home Food, un’associazione fondata nel 2004 dall’antropologa Egeria di Nallo con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e con la collaborazione dell’Università di Bologna, e sono dislocate in tutta Italia. Nelle loro case, le Cesarine organizzano piccoli e grandi eventi culinari per condividere il loro sapere gastronomico e far assaggiare la loro cucina. Ospitando concittadini curiosi di riscoprire antichi sapori, ma anche turisti provenienti principalmente da Francia, Regno Unito e Stati Uniti, le Cesarine promuovono così l’homefood tourism made in Italy. Sono tutte quelle donne – ma anche uomini – che sanno quanto è importante salvaguardare la tradizione e i costumi, le ricette e il senso di ospitalità. Sono quelle persone che desiderano aprire le porte di casa propria affinché altre persone – spesso straniere – possano venire in contatto con sapori antichi e culture. Per questo non è importante solo il cibo che viene servito ma anche l’accoglienza e la capacità di coinvolgere i propri ospiti organizzando per loro corsi di cucina e tour nei mercati e gastronomici. Le Cesarine non offrono menu ma veri e propri percorsi, sia culinari ma anche culturali. Raccontano aneddoti, spiegano le loro ricette, riportano alla luce le preparazioni della loro infanzia, propongono tavole tradizionali in ambienti che molto raccontano del territorio e della cultura del posto. Insomma, si tratta di una vera e propria full immersion nel territorio, alla scoperta dei suoi prodotti e delle sue tradizioni.

Da alcuni mesi Carla Persichetti, nostra docente del corso di Cucina è diventata la Cesarina di Tivoli! Carla vive da alcuni anni con la sua famiglia a Villa Adriana in un casale immerso nel verde, circondato da ulivi e con una splendida vista. La sua cucina si basa principalmente sulla tradizione romana ma avendo origini tiburtine ha sempre spaziato con curiosità, ricerca e creatività, cercando di salvaguardare cibi dimenticati e tramandarne la tradizione. Con l’ausilio di storiche donne del posto ha scoperto la loro vastissima tradizione culinaria, diventando esperta delle tradizioni culinarie del territorio e orgogliosa paladina di un patrimonio enogastronomico sommerso.

«Ecco, il mio sogno si è avverato! È un privilegio poter aprire la casa ai tanti viaggiatori che vengono a scoprire la dimora dell’imperatore Adriano desiderosi di gustare i piatti tiburtini e soprattutto il Menù dell’Imperatore di cui fa parte una ricetta significativa che mi piace condividere con voi proprio di questi tempi in cui siamo costretti a stare in casa ed è quindi fondamentale riutilizzare tutto ciò che avanza, per evitare di uscire spesso». La ricetta che Carla vuole condividere con voi è il Lesso alla Picchiapò, un vecchio piatto del riciclo, una ricetta antica e curiosa. Prima di fornirvi le istruzioni per realizzarlo vogliamo però approfondire la storia del nome con cui questa ricetta è conosciuta. Perchè lesso alla picchiapò? Questo divertente nome, in realtà, non ha una spiegazione certa. Il piatto nacque a Testaccio, a ridosso del Mattatoio dove le osterie locali utilizzavano alcuni scarti di carne da far ben fruttare nelle loro cucine. Pensate che con un solo pezzo di muscolo, ne ricavavano due piatti nutrienti e molto apprezzati: un sostanzioso brodo da servire nelle fredde giornate invernali e con lo stesso pezzo di carne si creava una gran padellata da servire a tavola dove, insieme a tanta cipolla e pomodori, la carne veniva tagliata a pezzi quasi picchiata (qui, Picchiapò) e sbattuta sul tagliere per poi finire in padella con aggiunta di patate a spicchi. Risultava un piatto unico accompagnato anche da pane «pè intigne in quer sughetto, pè fa la scarpetta!».

Un’altra versione dell’origine del buffo nome Picchiapò, pare che provenga da una favola in prosa romanesca di Trilussa che racconta di un personaggio di nome Picchiabbò. È una ricetta nella versione senza pomodoro nei versi romaneschi di Mario Berenato che vale proprio la pena leggere:

Allesso de bove co’ la cipolla

Appena fatto er brodo, que’ l’allesso/de bove ch’ha sfrattato ogni sostanza/nu’ lo buttà, ma resta in parannanza/pe’ facce er piatto che te spiego appresso./E’ un piatto che cià un po’ der compromesso/pe’ via ch’addopri robba che t’avanza,/ ma è sempre ‘na cuccagna pe’ la panza/che a daje retta lo vorrebbe spesso./Taja l’allesso, affetta ‘na cipolla,/metti in padella a frigge co’ lo strutto/e daje un po’ de brodo che l’ammolla,/’N’ogna de pepe e un pizzico de sale,/E’ un piatto che te sgargarozzi tutto/e se nun c’è n’è più ce resti male.

Adesso non resta che svelarvi la ricetta, leggetela cliccando qui.

Abbiamo pensato anche a un adeguato accompagnamento musicale. Mentre vi cimentate nel cucinare il lesso alla Picchiapò ascoltate questa divertente canzone in romanesco di Luca Barbarossa in cui decanta il nostro piatto.